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“Ecco proprio così, sedendo e mirando, dove, come chi ha la fortuna di andare in piazza Navona, o in piazza del Campo a Siena, può guardare queste opere antiche e vegete dell’uomo, ricollegarsi a esse, ascoltare l’arcano suono del tempo che sottofonda il silenzio. E quali voci, allora, e quali attimi: come se qualcosa si sollevasse che ti aveva tenuto acquattato, soffocato, costretto. Si alza qualcosa, come la luce dell’alba, e invade lentamente quella cavità piccola e immensa che si ha dentro di noi; si apre dentro quello spazio che è fuori divinamente misurato, e a scala umana. Si sospende il tempo come fosse a picco e immobile su di noi; come la luna, ora che tanto è a piombo, che, a guardarla, fa venire quasi la vertigine o barcollare. Andare nella luna, allora, è come pensare di Astolfo, non fa né qua né là: così è la luna, questa è la luna della civiltà dell’uomo, l’altra è la luna di una civiltà che sfibra, oltrepassa, annichila l’uomo. Questa e non altro è la luna, alta nel cielo come una faccia senza volto, ma con i sentimenti che ci ripongono e ch’essa ispira senza vergogna. Ecco la mia giornata, arrivata a sera col vestito grinzoso, le scarpe impolverate, la camicia sudata: giungo qua e mi siedo, guardo la piazza e quasi non la vedo, è come se fossi in un’infusione di riposo. Questo riposo mi penetra e il silenzio mi fascia di bende invisibili. Torno a vedere, e vedo sant’Agnese del Borromini, o la Torre del Mangia, vedo quello che sopravvive dell’uomo, che vive nell’uomo senza corrompersi e senza tradimento. Sento il mio cuore come se battesse non in me ma al centro della piazza, e i suoi battiti mi giungessero come vibrazioni terrestri, e il mio respiro fosse quasi l’aria che mi forza a respirarla, entrando dentro di me come l’acqua che si rovescia in una cascata. Ritrovo l’unisono con una natura che è passata attraverso l’uomo e attraverso la storia: odo e respiro questa natura perché non odo nulla e non vedo che l’aria, limpida e serena. Eppure odo e vedo: ed è come se fosse una festività ignota, qualcosa come un indulto, una sospensione, un miracoloso arresto, né il tempo trascorresse, né la vecchiaia avanzasse, anzi ritornasse il passato come una giovinetta…”
Cesare Brandi, La notte a piazza Navona, in «Corriere della Sera», 5 settembre 1968.